Agenzia investigativa. Investigatore privato. Investigazioni private
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Abbandono tetto coniugale: perdita diritto di assistenza (art. 146 CC)

Abbandono tetto coniugale

Abbandono tetto coniugale: l’ abbandono ingiustificato della casa coniugale fa decadere il diritto all’ assistenza morale e materiale.

Abbandono tetto coniugale: leggi e sentenze della Corte di Cassazione

CODICE CIVILE

Art. 146

Allontanamento dalla residenza familiare. [ Abbandono tetto coniugale ]

Il diritto all’assistenza morale e materiale previsto dall’articolo 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi. [ Abbandono tetto coniugale ]

La proposizione della domanda di separazione, o di annullamento, o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.

Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l’adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147.

Abbandono tetto coniugale prima della domanda di separazione, giustifcato dalla intollerabilità della convivenza.

Sentenza n.2740 del 5 febbraio 2008 [ abbandono tetto coniugale ]

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato l’ 8.10.1999, M. B. chiedeva al Tribunale di Torino di pronunciare la separazione giudiziale dal marito, M. P., dichiarandola addebitabile a quest’ ultimo, con il quale aveva contratto matrimonio in data 30.7.1961. Comparsi i coniugi davanti al Presidente ed emessi i provvedimenti provvisori ed urgenti, la B. chiedeva altresì che venisse posto a carico del P. un contributo al proprio mantenimento nella misura di lire 1.500.000 mensili.

Costituendosi quindi in giudizio, il convenuto contestava le avverse deduzioni ed avanzava domanda di addebito nei riguardi della moglie. In corso di causa, l’ attrice rinunciava all’ istanza di addebito, insistendo, peraltro, nella pretesa di contribuzione al mantenimento.

Il Giudice adito, con sentenza del 15.7/6.9.2002, pronunciava la separazione giudiziale dei coniugi, rigettava la domanda di addebito proposta dal marito e disponeva che quest’ ultimo contribuisse al mantenimento della moglie nella misura di euro 130,00 mensili, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, ordinando all’ INPS di Chieri di versare direttamente tale somma alla B. dietro prelievo da quanto mensilmente erogato al P. a titolo di pensione.

Avverso la decisione, spiegava appello quest’ ultimo, assumendo che la separazione fosse addebitabile alla moglie e che nulla egli dovesse per il mantenimento di lei.

Resisteva nel grado l’ appellata, la quale, oltre a chiedere il rigetto delle pretese avversarie, domandava in via incidentale che l’ assegno in suo favore venisse aumentato ad euro 775,00 mensili.

La Corte territoriale di Torino, con sentenza dell’ 11/16.2.2004, pronunciava la separazione dei coniugi addebitandola alla moglie, dichiarava che nulla era dovuto dal P. in favore della B. a titolo di mantenimento e revocava le relative statuizioni del Tribunale.

Assumeva detto Giudice: a) che l’ allontanamento della moglie stessa dalla casa familiare [ abbandono tetto coniugale ], avvenuto nel giorno di Natale del 1997 ed oggettivamente provato siccome ampiamente ammesso, costituisse violazione dei doveri coniugali; b) che, in mancanza di una “giusta causa” (formale) rappresentata dalla proposizione della domanda di separazione, intervenuta soltanto nel 1999, fosse onere dell’ appellata provare le circostanze che l’ avevano indotta ad una simile scelta; c) che tale prova fosse mancata del tutto, non essendo rimasta dimostrata la sussistenza di comportamenti sconvenienti da parte del P.; d) che neppure risultasse rilevante la mancata reazione di quest’ ultimo all’ allontanamento della B. [ abbandono tetto coniugale ] e) che, del resto, la pregressa esistenza tra i coniugi di una sorta di “separazione in casa” si prestasse ad una opposta lettura e non giustificasse, in mancanza di una evidente e piena rottura, l’ allontanamento in questione; [ abbandono tetto coniugale ] f) che l’ assegno di mantenimento non fosse, perciò, dovuto in favore del coniuge cui la separazione risultava addebitabile e che, d’ altra parte, non fosse stata formulata domanda in relazione ad un ipotetico assegno alimentare.

Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione la B., deducendo due motivi di gravame ai quali resiste con controricorso il P.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di impugnazione, lamenta la ricorrente violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 151, 143, secondo comma e 146, primo e secondo comma, c.c., [ abbandono tetto coniugale ] nonché insufficienza di motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’ art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., assumendo:

a) che la Corte territoriale ha omesso di accertare se la pretesa violazione, da parte sua, del dovere di coabitazione di cui all’ art. 143, secondo comma c.c. sia stata la causa determinante della rottura dell’ unità coniugale e dell’ intollerabilità della prosecuzione della convivenza, senza avere verificato se l’ allontanamento dalla residenza familiare non sia stato piuttosto la mera conseguenza di una irreparabile frattura di tale unità, già da tempo verificatasi tra le parti; [ abbandono tetto coniugale ]

b) che, in presenza di elementi diversi, rappresentati vuoi da una situazione di crisi matrimoniale fatta risalire dal marito stesso al 1996, vuoi dall’ allontanamento della moglie da casa nel giorno di Natale del 1997, seguito da una spontanea dichiarazione resa ai Carabinieri tre giorni dopo, vuoi da una separazione che, di fatto, é durata per oltre due anni senza che ci sia stato alcun richiamo a ritornare, la motivazione della Corte territoriale basata sul solo “fatto oggettivo e pacifico dell’allontanamento” appare del tutto inadeguata ed insufficiente a fondare la pronuncia di addebito a carico della moglie;

c) che l’esame sia del comportamento dei coniugi prima dell’ allontanamento (separati in casa fin dal 1996), sia del lungo periodo di separazione successivo allo stesso, ovvero tanto della prolungata assenza di communio tra gli anzidetti coniugi quanto della mancata reazione del marito per oltre due anni (il quale, con il suo atteggiamento di totale inerzia, anzi di acquiescenza, ha determinato la legittimità dello stato di non convivenza, ponendo così in essere una separazione di fatto), avrebbe portato alla conclusione che l’ allontanamento della B. dalla casa familiare fu una conseguenza della rottura dell’ unità matrimoniale, avvenuta quanto meno a partire appunto dal 1996, ma non ne fu certamente la causa.

Il motivo è fondato.

Giova, al riguardo, premettere:

a) che, in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’ art. 143 c.c. pone a carico dei medesimi coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicché, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito (Cass. 28 settembre 2001, n. 12130; Cass. 18 settembre 2003, n. 13747);

b) che, a questi fini, l’ indagine circa l’ intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e della comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, non potendo la condotta dell’ uno formare oggetto di apprezzamento senza un raffronto con quella dell’ altro, dal momento che solo tale comparazione permette di riscontrare se e quale incidenza esse abbiano avuto, nelle loro reciproche interferenze, agli effetti della determinazione della crisi matrimoniale (Cass. 14 novembre 2001, n. 14162);

c) che l’ abbandono della casa familiare, in particolare, il quale, ove attuato dal coniuge senza il consenso dell’ altro coniuge e confermato dal rifiuto di tornarvi, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione là dove provoca l’ impossibilità della convivenza, non concreta una simile violazione quante volte sia stato cagionato dal comportamento dell’ altro coniuge, ovvero quando risulti intervenuto nel momento in cui l’ intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto, così da non spiegare rilievo causale ai fini della crisi matrimoniale (Cass. 28 agosto 1996, n. 7920; Cass. 29 ottobre 1997, n. 10648; Cass. 11 agosto 2000, n. 10682; Cass. 10 giugno 2005, n. 12373; Cass. 20 gennaio 2006, n. 1202). [ abbandono tetto coniugale ]

Tanto premesso, si osserva come la Corte territoriale, sulla base dell’ incensurato (di per sé) apprezzamento circa “l’ allontanamento della moglie dalla casa coniugale [ abbandono tetto coniugale ], avvenuto nel giorno di Natale del 1997 (ed) oggettivamente provato perché ampiamente ammesso”, abbia, quindi, ritenuto di addebitare la separazione (soltanto) alla B., dopo avere distintamente apprezzato: a) “il fatto che, per concorde ammissione dei coniugi in sede di libero interrogatorio, la moglie “già da alcuni mesi prima del suo allontanamento” stava in una stanza a lei destinata, quasi vi fosse tra i coniugi una sorta di “separazione in casa”, enunciando, però, al riguardo, la possibilità di “leggere” questa circostanza in due modi opposti (o, come sostenuto dalla moglie, quale segno di una convivenza fin da allora divenuta insopportabile, e psicologicamente conclusa, a causa di un comportamento scorretto e insultante del marito, oppure, come sostenuto da quest’ ultimo, quale ulteriore gesto trasgressivo da parte della moglie, che, avendo un amante, rifiutava rapporti con il coniuge) e l’ impossibilità che “anche una sorta di “separazione in casa”, fino a quando non vi sia una evidente e piena “rottura”, (giustifichi) … un allontanamento, perché si deve presumere, da parte di coniugi responsabili, l’ impegno a superare dissapori temporanei, o disagi soggettivi contingenti che si verifichino nei corso di una convivenza”; b) il fatto che il P. “non reagì” a detto allontanamento, giudicando, tuttavia, quest’ ultima circostanza come “non… rilevante, perché l’ eventuale acquiescenza ad un allontanamento già posto in essere non significa né che quel gesto, cosi significativo, fosse previsto, né tanto meno che fosse implicitamente e preventivamente, accettato… senza contare che il comportamento passivo del marito avrebbe potuto significare un’attesa (nella speranza di un ripensamento da parte della moglie) di una riconciliazione”. [ abbandono tetto coniugale ]

In tal modo, però, la Corte territoriale é incorsa nel denunciato vizio di insufficiente motivazione, là dove, separatamente considerando i due elementi di fatto sopra riportati, i quali pure interferiscono reciprocamente nel duplice senso che l’ uno (relativo alla “separazione in casa” esistente tra i coniugi “già da alcuni mesi prima dell’ allontanamento” della moglie) trova riscontro nell’altro (relativo alla mancata “reazione” del marito al suindicato allontanamento) e che quest’ ultimo getta ulteriore luce sul precedente, ha trascurato di mettere in rapporto gli elementi dianzi specificati, così da valutare, attraverso un loro apprezzamento “complessivo”, se l’ intollerabilità della convivenza fosse stata determinata dall’ allontanamento della B. dalla casa coniugale o se non piuttosto potesse dirsi raggiunta la prova che la menzionata intollerabilità si era già determinata e che un simile allontanamento, quindi, più che “causa”, risultava essere stato “effetto” di detta intollerabilità, finendo, in buona sostanza, per omettere lo stesso esame circa l’ incidenza causale dell’ abbandono in oggetto sulla crisi matrimoniale e, segnatamente, circa la sussistenza di una situazione, accettata dal marito, di deterioramento dei legami coniugali di per sé incompatibile con la protrazione della convivenza, ovvero tale da non rendere esigibile la pretesa della coabitazione. Pertanto, il motivo merita accoglimento, onde, restando assorbito il secondo, relativo ad un profilo di censura dipendente (riguardando il mancato riconoscimento dell’ assegno alimentare) da quello che ha formato oggetto del primo motivo e, quindi, legato all’ esito che la questione ad esso sottesa avrà nel futuro giudizio di rinvio, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione. [ abbandono tetto coniugale ]

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione. [ abbandono tetto coniugale ]

Abbandono tetto coniugale causato da litigi con la suocera convivente, pur senza violenze, non è addebitabile.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Sentenza 24.2.2011 n. 4540 [ Abbandono tetto coniugale ]

La Corte d’appello di L’ Aquila, con sentenza depositata il 26 settembre 2006 e notificata il 29 novembre 2006, in parziale riforma di precedente pronuncia del Tribunale di Pescara che, pronunciando la separazione personale tra G.G. e F.G., aveva negato l’ addebito a quest’ultimo, imputandolo alla moglie, ha onerato il padre dell’ obbligo di corrispondere in favore dei figli la somma di Euro 500,00, oltre metà delle spese straordinarie, ed ha confermato l’ esclusione dell’ addebito a suo carico. Ha rilevato in proposito che la prova espletata ha dimostrato che la G., che aveva abbandonato la casa coniugale, aveva violato un suo preciso dovere, senza giusta causa.

G.G., con ricorso notificato il 27.1.2007, ha impugnato per cassazione la sentenza deducendo sette motivi.

L’ intimato ha resistito con controricorso. La ricorrente ha denunciato:

1. [ Abbandono tetto coniugale ] – violazione e falsa applicazione dell’ art. 151 c.c., comma 3, fondando la sua censura su esegesi accreditata da consolidata giurisprudenza citata, si duole della pronuncia di addebito nei suoi confronti per essersi ella determinata all’ abbandono della casa coniugale per l’ irrimediabile frattura creata dal marito, nonchè dall’ ingerenza della suocera convivente. La Corte territoriale ha trascurato il valore probatorio – decisivo – della ormai prolungata irrimediabile compromissione del rapporto matrimoniale, determinata da quotidiani e plateali litigi, svalutati in considerazione dell’ assenza di episodi di violenza o di tradimento consumati dal F.. In conclusione le ha addebitato la separazione non avendola ascritta al marito.

Il conclusivo quesito di diritto chiede se per giusta causa, che legittimi l’ allontanamento dalla casa coniugale prima della separazione debba intendersi necessariamente il comportamento illegittimo dell’ altro coniuge, concretatosi anch’ esso nella violazione dei doveri coniugali, ovvero basti l’ obiettiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Il Consigliere rel. ha depositato proposta di definizione rilevando:

“L’ enunciato di questa Corte espresso nella sentenza n. 1202/2006, citata dalla ricorrente, afferma che l’ allontanamento dalla residenza familiare che, ove attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso dell’ altro coniuge, e confermato dal rifiuto di tornarvi, di per sè costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e conseguentemente causa di addebitamento della separazione poichè porta all’ impossibilità della coabitazione, non concreta tale violazione allorchè risulti legittimato da una “giusta causa”, tale dovendosi intendere la presenza di situazioni di fatto, ma anche di avvenimenti o comportamenti altrui, di per sè incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare (cfr. Cass., Sez. 1^, 28 agosto 1996, n. 7920; Cass., Sez. 1^, 29 ottobre 1997, n. 10648; Sez. 1^, 11 agosto 2000, n. 10682). [ Abbandono tetto coniugale ]

Tale giusta causa è ravvisabile anche nei casi di frequenti litigi domestici della moglie con la suocera convivente e nel conseguente progressivo deterioramento dei rapporti tra gli stessi coniugi. Se, insomma, la frattura è precedente all’ allontanamento dalla casa coniugale, della quale pertanto non poteva essere stato causa, l’ addebitabilità della separazione al coniuge che si allontani deve essere esclusa senza necessità di verificare ulteriormente se il comportamento dell’ altro coniuge costituisca violazione dei suoi doveri coniugali. La decisione della Corte d’ Appello che ha ritenuto di attribuire la separazione alla G. per aver ella abbandonato la sua residenza ingiustificatamente, non avendo il marito compiuto atti di violenza o di tradimento o comunque di gravità tale da impedire alla predetta di attendere i tempi della separazione giudiziale, disapplica il principio riferito. Ne consuma ulteriore contrasto laddove assume la tollerabilità della litigiosità per il solo fatto che il matrimonio durava da 15 anni ed era contrassegnato dai riferiti lamentati episodi. Il motivo deve perciò essere accolto. Restano assorbite tutte le ulteriori censure”. [ Abbandono tetto coniugale ]

Il F. ha depositato memoria con cui ribadisce l’ infondatezza delle censure esposte nei motivi del ricorso, confutando la sussistenza della giusta causa che avrebbe determinato la ricorrente all’ allontanamento dalla casa familiare, unitamente ai figli minori, senza autorizzazione. La stessa, come dimostrato mediante prova orale, aveva preordinato l’ ingiustificato abbandono, nè ha dedotto in causa circostanze concrete conclamanti l’ impossibilità della coabitazione col marito, che tentò in ogni modo di dissuaderla dalla preordinata, ingiusta, illecita ed insensata iniziativa, foriera di conseguenze negative per la prole. Immotivata ed ingenerosa è la lamentela circa l’ ingerenza nel menage familiare della propria madre.

Indimostrata è infine l’ accusa lanciata nei suoi confronti di malgoverno delle risorse economiche, avendo comunque egli impiegato in maniera oculata il reddito percepito dalla sua attività lavorativa.

Il P.G. ha aderito alle conclusioni della riferita proposta.

Il collegio ritiene di condividere le considerazioni ivi esposte.

Ai fini della pronuncia di addebito non è sufficiente la sola violazione dei doveri previsti a carico dei coniugi dall’ art. 143 c.c., ma occorre verificare “se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicchè, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito (Cass. n. 12373/2005 che richiama Cass. n. 12130/2001 e n. 13747/2003, 17056/2007,1202/2006, 12373/2005). [ Abbandono tetto coniugale ]

Non elide il nesso causale tra l’ allontanamento volontario e la persistenza di una pregressa condizione d’ irreversibile dissidio della coppia che avrebbe indotto l’ abbandono l’assenza di episodi di maltrattamenti o di vessazioni da parte del coniuge abbandonato. La decisione impugnata ha dato rilievo decisivo a tale circostanza, omettendo di contro di verificare l’ efficacia causale della violazione consumata dalla G. nella determinazione della crisi coniugale, che ha qualificato perciò immotivatamente illegittima e, in quanto contraria all’ obbligo coniugale di coabitazione, causa dell’ addebito. L’ intollerabilità della convivenza che cagiona in astratto tale violazione non necessariamente deve manifestarsi in atti di violenza, essendo sufficiente anche un contesto di vicendevole intolleranza. Appare, dunque, palese il denunciato vizio di motivazione. che impone la cassazione della decisione impugnata con rinvio alla Corte di merito che, attenendosi al richiamato principio, dovrà accertare se, sulla base degli elementi di prova addotti dalla G., l’ abbandono della casa familiare ad opera della stessa sia intervenuto quando “era già maturata, all’ interno della coppia, una situazione di intollerabilità grave ed irreversibile della convivenza”, ovvero se esso abbia dato causa alla rottura del rapporto coniugale, prescindendo dall’ assenza di episodi di maltrattamenti da parte del marito a danno della stessa, non incidente in senso risolutivo sul nesso causale che deve sussistere tra la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e la fine dello stesso. Sarà cura del giudice di rinvio provvedere anche al regime delle spese del presente giudizio di legittimità. [ Abbandono tetto coniugale ]

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